N. Lagioia - La città dei vivi
Nicola Lagioia - La città dei vivi
L’ho lasciato lì in attesa per un bel po’. Era come se avessi paura di entrarci, in quella storia, che non fosse il momento. Conoscevo l’autore: la sua scrittura mi piace molto, ho letto La ferocia 2 volte. So quanto sia capace Lagioia di ricondurre una storia all’essenzialità del “dunque non poteva andare diversamente”: perfino quando la storia è inventata, gli riesce perfettamente, figuriamoci se la storia è invece vera, come in questo libro...
Ho dovuto leggerlo con lentezza, però, piano piano: quasi avessi bisogno di riprendere fiato prima di arrivare a “quel fatto”. Mi ha turbata profondamente, e non solo per la storia che racconta. C’è la mia Roma, che incombe: questa Roma decadente e decaduta, questa Roma allo sfascio, che non si rialza mai, che non sa fare a meno di essere eternamente allo sfascio, e che è eternamente capace di scendere sempre un gradino più in basso, anche quando il fondo sembra già raggiunto. E c’è un universo incomprensibile dove due persone possono guardarsi e riconoscersi per diventare insieme carnefici quasi per caso; e c’è ancora il caso che fa loro scegliere proprio quella vittima li, non un’altra; e ci sono le famiglie di tutti che non sanno, non capiscono, non vogliono sapere. Tutto questo raccontato senza mai giudicate, senza mai esprimere una valutazione morale (moralistica?) sulle vite degli altri, nella consapevolezza, credo, che essere vittima o essere carnefice talvolta è anche questo un caso, e come tale potrebbe toccare a chiunque. Anche a noi.